sabato 18 gennaio 2014

Welfare state e ammortizzatori sociali

Uno stato moderno, prima o poi, deve fare i conti con un problema di difficile soluzione: la disoccupazione. Partiamo da un postulato: in un' economia di mercato la disoccupazione non si può eliminare (gli unici ad averlo fatto sono stati i regimi dittatoriali): esisterà sempre una percentuale di disoccupati (disoccupaione frizionale) che lo sono solo per brevi periodi di tempo (per es. da quando do le dimissioni/mi scade il contratto a quando ne firmo un altro). 


In un altro post parlerò più in generale di disoccupazione, questo invece vuole essere un' introduzione al tema e trattare, in particolare, quali sono i modi che ha uno stato per intervenire a sostegno dei disoccupati o di chi, a causa di difficoltà dell' azienda di cui è dipendente, rischia di diventarlo.
Avete mai pensato a perchè non esiste un' assicurazione contro la disoccupazione? 
La risposta è semplice: nessun ente privato assicurerebbe mai contro la disoccupazione per 2 motivi:
  1. Chi rischia di più di perdere il lavoro sottoscriverebbe la polizza, e l' impresa assicuratrice ci perderebbe
  2. Chi non guadagna molto o chi non ha voglia di lavorare non si sforzerebbe di mantenere il proprio lavoro, anzi magari si farebbe licenziare di proposito, e l' impresa assicuratrice ci perderebbe di nuovo.

Per questo motivo, se si vuole un "assicurazione" contro la disoccupazione deve pensarci lo stato.

Come lo fa? 
Pressochè tutti gli stati moderni hanno tentato di intraprendere delle riforme per diminuire la disoccupazione o per aiutare le persone a vivere per il periodo in cui sono disoccupate e reinserirle nel mercato del lavoro. 
Le principali vie sono 2: una legislazione che impone alti costi di licenziamento o i sussidi di disoccupazione. Analizziamole una alla volta per vedere pregi e difetti di entrambe.

N.B: i giudizi sui due metodi non sono frutto di opinioni personali ma di molti anni di osservazione empirica delle economie dei vari paesi che hanno scelto l' uno o l' altro.




Modo 1: LEGGE CHE "IMPEDISCE" IL LICENZIAMENTO
Esempio: Italia (e paesi mediterranei: Spagna, Grecia)
Se una persona è assunta a tempo indeterminato e l'azienda entra in crisi, quest' ultima non può licenziarla o meglio, può, ma sostenendo enormi costi (pagamento dello stipendio per più mesi dopo il licenziamento, atti legali molto lunghi ecc...)

PREGI:
  • Il lavoratore a tempo indeterminato "in teoria" non dovrebbe finire senza lavoro, e quindi senza salario, da un giorno all' altro.
DIFETTI: 
  • Non si liberano mai posti di lavoro: i disoccupati "sono sempre gli stessi"
  • Sono tutelati solo i lavoratori a tempo indeterminato. E se uno è precario? E se è disoccupato?
  • L'azienda che subisce una crisi e vuole ridursi ha molte difficoltà a farlo: magari, tagliando 10 operai si sarebbe ripresa. In realtà non si riprende, fallisce e ne lascia a casa 100.
  • CREA PRECARIATO: ben consapevole dell' affermazione al punto precedente, l'azienda non assumerà più a tempo indeterminato. Il gran numero di precari in Italia è dovuto proprio a questa legge. 
  • In realtà non si può obbligare un'azienda a non licenziare, perchè quest'ultima, nel momento in cui non ha denaro per pagare i dipendenti, non lo può fare. Ha bisogno dell'aiuto dello stato (In Italia tramite la CIG = Cassa Integrazione Guadagni, della quale parleremo).
  • No ricambio generazionale, nè mobilità. Questo crea anche una certa rigidità degli impieghi e il rinnovamento dei ruoli diventa un processo molto più lento.



Modo 2: SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE
Esempio: Danimarca e paesi baltici
Le aziende che devono ridursi possono licenziare il lavoratore (chiaramente con un preavviso).
Una volta disoccupato il lavoratore riceverà dallo stato un assegno mensile, che gli permetterà di vivere (di un importo pari a uno stipendio medio-basso ma sufficiente per vivere dignitosamente). Nel periodo di disoccupazione il lavoratore, a seconda dei suoi studi e della sua specializzazione verrà "migliorato" tramite corsi di formazione/aggiornamento pagati dallo stato e reinserito nel mercato del lavoro. Chiaramente, se alla prima offerta di lavoro (sempre proporzionata agli studi, al vecchio lavoro ecc...) l'individuo rifiuterà, perderà il diritto all' assegno mensile.

PREGI:

  • Sono tutelati tutti, non soltanto chi ha già un lavoro: EQUITA'
  • Chi è disoccupato viene FORMATO, ne deriva una miglior preparazione della popolazione al lavoro
  • le aziende sono più elastiche, hanno meno paura di assumere
DIFETTI:

  • Per molte persone, perdere il lavoro è uno smacco, appare quasi come una colpa o una "macchia" sul curriculum vitae. I paesi che hanno adottato questo modello hanno in generale superato questo pregiudizio.

CONCLUSIONE
Il primo metodo tenta di condizionare il mercato del lavoro imponendogli delle regole. Questo si può fare soltanto quando l'economia va bene. In tempi di recessione, però, le aziende non ce la fanno e, inevitabilmente, chiudono. Il risultato di questa politica è quello che sta succedendo oggi in Italia.
Il secondo metodo invece è più equo, tutela chiunque perda il lavoro. Chi è disoccupato sicuramente non riuscirà ad acquistare una casa (magari un'auto si), ma non finirà in mezzo alla strada. Un welfare state in questa direzione è un buon esempio di stato che non abbandona i propri cittadini.

1 commento:

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