mercoledì 22 gennaio 2014

Tasse sul lavoro e disoccupazione

Tratteremo ora un argomento controverso e ormai attualissimo: la disoccupazione. Abbiamo già anticipato che esiste sempre un tasso minimo di disoccupazione (frizionale). Sappiamo anche che oggi, in Italia come in molti paesi "sviluppati" la disoccupazione effettiva supera di molto questa soglia (siamo circa al 12,5%).

Diamo due definizioni:
il disoccupato è colui che cerca un impiego e che, se gliene viene offerto uno, lo accetta a quel livello di salario.

Se un individuo non accetta un lavoro perchè, secondo lui, troppo poco retribuito, viene invece definito inattivo, cioè uno che, per essere interessato ad un lavoro, deve essere pagato più del salario che gli viene offerto.

DA CHE COSA DIPENDE?
Il concetto fondamentale da apprendere è che in uno stato basato sulla libera iniziativa il livello di occupazione non può essere modificato direttamente dallo stato. Le affermazioni di molti, appartenenti ad una o all'altra parte politica "ci dovete dare il lavoro" sono pertanto richieste ingenue e irrealizzabili. Come tutti sappiamo lo stato non può obbligare le imprese ad assumere, nè può assumere lui stesso tutti i disoccupati (non avrebbe di che pagarli).

Alcune considerazioni:
  • Il livello di occupazione dipende prima di tutto e soprattutto dalla DOMANDA DI BENI NAZIONALI, cioè da tutti i beni e servizi prodotti in Italia che i consumatori (italiani e non) domandano. Dalla domanda dipenderà la PRODUZIONE. Il ragionamento è semplice: + DOMANDA DI BENI NAZIONALI = + PRODUZIONE = + OCCUPATI. 
Lo stato può poco o nulla per influenzare in maniera diretta la domanda di beni nazionali. È chiaro, però, che se un azienda lavora in uno stato con costi del lavoro inferiori, potrà far pagare meno i prodotti ed essere più competitiva.
  • In un mercato del lavoro con sindacati (quale il nostro), i sindacati contrattano i salari con le imprese. Essi vogliono salari più alti. L'impresa, concedendoli, a parità di altre condizioni può assumere meno persone. Possiamo quindi dire che i SALARI MINIMI, certamente positivi per le categorie che li ottengono, creano una certa quantità di disoccupazione

  • Un altro fattore, molto importante, sono le IMPOSTE SUL LAVORO, sulle quali mi soffermerò più a lungo poichè esse sono sotto il controllo diretto dello stato. Esse creano disoccupazione dal momento che sono un'enorme costo per le imprese.
Spieghiamo quest'ultima affermazione con un esempio estremamente semplificato:

L'impresa X ha bisogno di più personale. Se non esistessero tasse sul lavoro potrebbe assumere 20 operai. A causa delle "tasse" a carico dell'impresa, però, allo stesso costo ne può assumere soltanto 12. Gli altri 8 "potenziali occupati" sono rimasti senza un lavoro.

Ne concludiamo che IMPOSTE ALTE SUL LAVORO CREANO DISOCCUPAZIONE.

Inoltre, con la globalizzazione, le grandi imprese operano ormai in tutto il mondo, delocalizzando la produzione in paesi dove le tasse in generale, e quelle sul lavoro, sono bassissime o nulle.
In quest'ultimo caso tutti i 20 individui di cui parlavamo nell'esempio rimangono disoccupati.


Alla luce di tutto ciò possiamo dedurre che le tasse, necessarie allo stato per fornire qualsiasi tipo di sevizio, se troppo elevate, influenzano negativamente l'economia.
In particolare poi le imposte sul lavoro, a parità di produzione, disincentivano le assunzioni. 





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