mercoledì 13 maggio 2015

PERCHE' LA RIFORMA FORNERO E' (IN PARTE) INCOSTITUZIONALE

La Riforma Fornero (decreto 201/2011, c.d. “Salva Italia”) è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con la sentenza numero 70/2015. La parte che è stata definita incostituzionale è quella del blocco dell’indicizzazione delle pensioni di un importo almeno 3 volte superiore alla pensione minima.


COSA SIGNIFICA?

Le pensioni, come in teoria gli stipendi, sono legati all’inflazione. Essi dovrebbero aumentare insieme a quest’ultima, per far sì che il beneficiario possa mantenere lo stesso tenore di vita nel tempo. E questo, nel nostro Paese, era ciò che si definisce un “diritto acquisito”. Dal 2011, con il governo Monti, l’aumento legato all’inflazione (chiamato indicizzazione) era stato sospeso, per tutte le pensioni di tre volte superiori alla minima (quindi superiori a circa 1400 euro lordi).

La sentenza della Consulta boccia il comma 25 dell’articolo 24 del Dl 201/2011. La Corte ribadisce un principio già espresso in passato relativo agli articoli 36 e 38 della Costituzione, che assicurano i principi di:
«Proporzionalità e adeguatezza» delle pensioni, che «non devono sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta», e stabiliscono che la pensione debba costantemente essere adeguata alle retribuzioni del servizio attivo. Il legislatore deve anche «Individuare idonei meccanismi che assicurino la perdurante adeguatezza delle pensioni all’incremento del costo della vita».

In passato erano state invece accettate analoghe misure di blocco pensioni, ad esempio quella del 2008 sulla rivalutazione per le pensioni superiori a otto volte il minimo, che fu giustificata perché riguardava trattamenti di importo molto elevato.

Il blocco pensioni stabilito dal decreto 201/2011 viola però i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto dei pensionati. È proprio questo che rende la misura, voluta da Elsa Fornero e da tutto il governo Monti, incostituzionale.

Mario Monti afferma che tale scelta fu necessaria per evitare che l’Italia venisse “commissariata” dalla Troika. Afferma inoltre che questa misura ha impedito il default del Paese e che, quindi, era sostanzialmente inevitabile. L’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sottolinea che la scelta fu collegiale, quindi condivisa dal Governo, ma anche molto sofferta. Bisognava trovare un modo per abbassare la spesa corrente dello Stato, con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico, diventato insostenibile, e i tassi di interesse (vedi Rapporto Debito/PIL e Fiscal Compact).

COSA SUCCEDERA’?

La pronuncia della Corte crea un problema immediato per il Governo: restituire l’adeguamento all’inflazione ai circa 6 milioni di pensionati che per gli anni 2012 e 2013 hanno avuto un assegno previdenziale bloccato potrebbe costare fino a 10 miliardi di euro. Sicuramente la restituzione avverrà in maniera dilazionata, ma ciò non esclude che la situazione del bilancio dello Stato italiano possa di nuovo peggiorare sensibilmente, con la possibile conseguenza del ripresentarsi di alcuni di quegli stessi problemi che, nel 2011, avevano condotto al governo “tecnico” Monti. La Corte Costituzionale ha solamente espresso il suo giudizio a partire dalla Legge Suprema, ora sarà il Governo Renzi a dover essere abile nel trovare una soluzione in tempi stretti. 
Qualcuno, negli ultimi giorni, è tornato a parlare di reddito minimo di cittadinanza. Non c'è dubbio che gli ammortizzatori sociali andrebbero potenziati, ma sono necessarie le risorse per farlo e, purtroppo, questa volta il provvedimento (giustissimo) della Corte Costituzionale non aiuta le finanze pubbliche.





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