La Riforma Fornero (decreto
201/2011, c.d. “Salva Italia”) è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale,
con la sentenza numero 70/2015. La parte che è stata definita incostituzionale
è quella del blocco dell’indicizzazione delle pensioni di un importo almeno 3
volte superiore alla pensione minima.
COSA SIGNIFICA?
Le pensioni, come in teoria gli
stipendi, sono legati all’inflazione. Essi dovrebbero aumentare insieme a quest’ultima,
per far sì che il beneficiario possa mantenere lo stesso tenore di vita nel tempo.
E questo, nel nostro Paese, era ciò che si definisce un “diritto acquisito”. Dal
2011, con il governo Monti, l’aumento legato all’inflazione (chiamato indicizzazione)
era stato sospeso, per tutte le pensioni di tre volte superiori alla minima
(quindi superiori a circa 1400 euro lordi).
La sentenza della Consulta boccia
il comma 25 dell’articolo 24 del Dl 201/2011. La Corte ribadisce un principio
già espresso in passato relativo agli articoli 36 e 38 della Costituzione, che
assicurano i principi di:
«Proporzionalità e adeguatezza» delle
pensioni, che «non devono sussistere
soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente
assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto
della moneta», e stabiliscono che la pensione debba costantemente essere
adeguata alle retribuzioni del servizio attivo. Il legislatore deve anche «Individuare idonei meccanismi che
assicurino la perdurante adeguatezza delle pensioni all’incremento del costo
della vita».
In passato erano state invece
accettate analoghe misure di blocco pensioni, ad esempio quella del 2008 sulla
rivalutazione per le pensioni superiori a otto volte il minimo, che fu
giustificata perché riguardava trattamenti di importo molto elevato.
Il blocco pensioni stabilito dal decreto
201/2011 viola però i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con
conseguente pregiudizio per il potere di acquisto dei pensionati. È proprio
questo che rende la misura, voluta da Elsa Fornero e da tutto il governo Monti,
incostituzionale.
Mario Monti afferma che tale
scelta fu necessaria per evitare che l’Italia venisse “commissariata” dalla
Troika. Afferma inoltre che questa misura ha impedito il default del Paese e
che, quindi, era sostanzialmente inevitabile. L’ex ministro del Lavoro, Elsa
Fornero, sottolinea che la scelta fu collegiale, quindi condivisa dal Governo,
ma anche molto sofferta. Bisognava trovare un modo per abbassare la spesa
corrente dello Stato, con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico, diventato
insostenibile, e i tassi di interesse (vedi Rapporto Debito/PIL e Fiscal
Compact).
COSA SUCCEDERA’?
La pronuncia della Corte crea un
problema immediato per il Governo: restituire l’adeguamento all’inflazione ai
circa 6 milioni di pensionati che per gli anni 2012 e 2013 hanno avuto un
assegno previdenziale bloccato potrebbe costare fino a 10 miliardi di euro. Sicuramente
la restituzione avverrà in maniera dilazionata, ma ciò non esclude che la
situazione del bilancio dello Stato italiano possa di nuovo peggiorare
sensibilmente, con la possibile conseguenza del ripresentarsi di alcuni di
quegli stessi problemi che, nel 2011, avevano condotto al governo “tecnico”
Monti. La Corte Costituzionale ha solamente espresso il suo giudizio a partire
dalla Legge Suprema, ora sarà il Governo Renzi a dover essere abile nel trovare
una soluzione in tempi stretti.
Qualcuno, negli ultimi giorni, è tornato a parlare di reddito minimo di cittadinanza. Non c'è dubbio che gli ammortizzatori sociali andrebbero potenziati, ma sono necessarie le risorse per farlo e, purtroppo, questa volta il provvedimento (giustissimo) della Corte Costituzionale non aiuta le finanze pubbliche.
Qualcuno, negli ultimi giorni, è tornato a parlare di reddito minimo di cittadinanza. Non c'è dubbio che gli ammortizzatori sociali andrebbero potenziati, ma sono necessarie le risorse per farlo e, purtroppo, questa volta il provvedimento (giustissimo) della Corte Costituzionale non aiuta le finanze pubbliche.
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